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L’opinione del non votante

Domenica non voterò. Non sarà una scelta deliberata, o forse lo è stato per chi ha deciso di farmi partire, probabilmente subdolo sostenitore del fronte degli astensionisti.
Ad ogni modo anche senza il mio voto il quorum sarà raggiunto a mani basse, se restassi a giudicare soltanto dalla mia pagina su Facebook, in cui tutti, inequivocabilmente, urlano un coro di Si. Gli slogan facili facili, acqua pubblica per tutti, nucleare no, Silvio a casa, fanno sempre un certo effetto, a maggior ragione se possono dare la spallata alla fine di un’era, come continuano a sostenere tutti incautamente.
Soltanto che poi i risultati dei referendum restano, decidono le politiche di un paese per anni, mentre le legislature si accavallano l’una sull’altra, per cui un occhio un po’ oltre dovremmo deciderci a buttarlo.

Perchè le cose sono un tantino più complesse, ed anche se sarei l’ultimo a voler fare da cane pastore,  mi mette di malumore l’idea che l’unico modo per raggiungere il quorum consista nello spingere su queste leve populiste che tanto denigriamo, sospinte così acriticamente nell’era dei socialcosi, neanche fossero dei sostituti degli altoparlanti della tv. Del resto, che Facebook fosse stata l’occasione persa più notevole degli ultimi trent’anni ce ne eravamo accorti da tempo.  Per cui, anche se saranno soltanto poche le voci a fare da controcanto, io vi dico che voterei con tre Si ed un No, piuttosto deciso. I motivi sarebbero tanti, ed ho provato a sintetizzarli, ma ne è venuto fuori il pippone di cui sotto. Per cui, se volete, fermatevi pure qui. O leggete solo l’ultima riga, almeno.

 

Senza volermi fingere razionale, le scelte istintive applicate ai referendum mi risultano indigeste. Al nucleare abbiamo, per dire, detto no quando piuttosto dovevamo dire si, abbiamo cambiato idea con gli anni (basterebbe ricordare certi sondaggi e le dichiarazioni di qualche politico adesso sul fronte del Si), fino a quando Fukushima non ha cambiato nuovamente i nostri orizzonti. Ed è andata anche bene così, perché, in fondo, siamo oltre tempo massimo per investimenti così massicci, nonostante, sarebbe bene ribadirlo, il nucleare rimane la fonte energetica che costa meno e più pulita, e non sarebbe da pensare come alternativa alle rinnovabili, ma come un’integrazione necessaria. Ma come detto, è un treno che è già passato e con troppi salti nel vuoto, specie pensando alla gestione delle scorie.

Vada anche per il legittimo impedimento (anche se già ridimensionato dalla corte costituzionale), anche solo per il piacere di scrivere “Silvio, saresti già in galera, fosse per me”.

Ma sull’acqua che vengono fuori i miei dubbi. La paura del grande demone del privato è una di quelle che sono nel sangue degli Italiani, difficile da estirpare, anche quando rappresenta l’unica alternativa.
Sarà che ricordo quando, durante l’estate, nel luogo dove passavo le vacanze, passavo molte mattinate ad aiutare a portare secchi dalla fontanella pubblica verso casa (una scena che neanche nel libro Cuore), sarà che ho le immagini piantate nel cervello da tetti uniformemente ricoperti di serbatoi per l’acqua, riempiti il più delle volte dalle autobotti di privati (quelli vanno bene, no?), mentre la rete degli acquedotti perde come neanche un colabrodo.

Sarà per questo che dall’investimento dei privati sui servizi idrici non mi sembra possa venire un grande male, a maggior ragione se questo venga fatto secondo regole chiare. L’idea che poi questi investimenti debbano esserci senza produrne profitto mi sembra davvero fuori dal mondo. Voterei per questo senza alcun dubbio No al secondo quesito, mentre sul primo l’idea che la gestione venga decisa con gare pubbliche consentirebbe una maggiore opportunità di scelta, che altrimenti il decreto Ronchi non consentirebbe. E quindi, questo mi porterebbe a votare Si al primo quesito.

Ma io sto già facendo la valigia, e così dovrei rigirare per conto mio l’idea che Jovanotti ha lanciato su twitter, se qualcuno la volesse raccogliere. La volete una pizza?