Quello che mi aspetto da un qualsiasi fine settimana occidentale lo ritrovo anche qui, giovedì sera. Le strade diventano trafficate in corrispondenza del centro, mentre il nostro tassista cerca di districarsi con inversioni ad u su strade a quattro corsie o sfiorando le macchine più vicine per tentare un sorpasso, mentre ragazzi in rollerblade si infilano tra una e l’altra, sfidando la sorte ed il carcere (così mi dicono), tra uno slalom e l’altro. Le distanze così ravvicinate consentono poi sguardi più ravvicinati tra un abitacolo e l’altro ed è divertente incrociare quelle di donne che sorridono o che, riconoscendoti come occidentale, cominciano ad atteggiarsi e a ballare per attirare l’attenzione in qualche modo, non mancando minimamente il bersaglio.
E’ evidente il desiderio di libertà che si respira parlando o più semplicemente osservando gli atteggiamenti con cui si sono mostrati a noi, ma con il quale, più semplicemente, vivono ogni giorno. Tutto appare normale, nella vita di ogni giorno, da far dimenticare quello che i quattro caproni che li governano decidono ogni giorno da Teheran sulle loro teste.
L’unico segno evidente di anomalia che si riscontra facilmente si ha navigando sulla Rete. Molti siti sono bloccati. Twitter, Facebook, ma anche semplici siti di notizie, Repubblica, Corriere o La Stampa rimandano ad un’incomprensibile pagina in farsi. Ma anche per quello esiste il rimedio e sono tutti attrezzati con semplici programmi che creano tunnel (non facciamo i nerd, su) per passare tra le maglie della censura. Devi sviluppare una sensibilità superiore per cogliere i dettagli capaci di farti drizzare le orecchie. Chi è qua da più tempo nota dettagli a me difficilmente comprensibili, dopo solo tre giorni. Le macchine della polizia più frequenti. Su una collina che incrociamo recandoci sull’impianto, il numero maggiore di cannoni che sbucano dal terreno, in una zona militare non così lontana da un piccolo abitato. O, come Saadi (un nome fittizio), il nostro contatto qui, ci raccontava oggi, difficoltà ben più tangibili. Come l’impossibilità nel reperire dall’estero, viste le scarse riserve interne, il materiale necessario per produrre prodotti per la dialisi. Un problema di cui si stava occupando in prima persona, avendo una società di import/export e di referenze per le società straniere, dopo una telefonata del padre, disperato per non aver trovato lui una via per importare queste attraverso le vie tradizionali.
Sono problemi che non riscontri facilmente camminando tranquillamente per le strade, frequentando i loro ristoranti, sedendosi tra coppie che sorseggiano the. Quello che vedi è solo una ricercata normalità, una naturale libertà negli atteggiamenti, che ti va venire voglia di esserci, quel giorno.
Da “Pollo alle prugne” di Marjane Satrapi