Gli spazi pieni

Il week end mi restituisce ad una dimensione più completa di me stesso. Non ci sono più bit, modbus, DCS a riempire le mie giornate, non ci sono letture tremendamente interessanti sul mio feed reader, ma contatti, discussioni, vita vera, da respirare a pieni polmoni. Tra amici che vanno e che vengono, tra amori che fuggono per poi ritornare, negli ultimi fine settimana mi sono trovato molto raramente da solo, tra le mie banalità. Ho riempito quelle giornate nel desiderio di non pensare soltanto a colmare i miei vuoti, ma di riempirli nella condivisione degli spazi e delle scelte.
Una dimensione che non sono più abituato a rispettare, che recupero volentieri.
Anche questi ultimi giorni, pur senza ospiti, sono stati da ristoro. Mi sono riposato ben poco, sono scappato dal lavoro venerdi velocemente per raggiungere una manifestazione, a cui tenevo particolarmente.
Una tre giorni dedicata alla fotografia, organizzata dalla Canon all’interno del Centro Forma, dalla quale sto ricevendo talmente tanti input da non aver bisogno di altro almeno per un pò. Seminari di approfondimento per tecniche fotografiche, workshop con modelle magnifiche, possibilità di utilizzare strumenti che difficilmente riuscirò a comprare, incontri con tanti dilettanti come me con i quali organizzare uscite cui mi stanno restituendo la consapevolezza che la Ferrari che da un pò mi porto in borsa è poco più che un’universo del quale conosco ancora che un misero spicchio.
E poi, l’incontro con un maestro assoluto come Ferdinando Scianna è stata un assoluto godimento, tra immagini meravigliose ed un monologo di grande ironia ed immenso spessore.

Eventi come questi mi fanno godere la vita in questa città. Infatti adesso ritorno li.

W di Wired

Ho finito di leggere il vecchio numero di Wired, e posso dirmi davvero soddisfatto di quest’abbonamento fatto un pò alla cieca qualche mese fa.
Un tale carico di ottimismo, di storie di carica rivoluzionaria di innovazione, che vien voglia di chiedersi cosa diamine si stia facendo qui fermi a leggere.
Se vi capita, recuperate il numero.
E’ davvero assurdo, per dire, che nessuno parli della storia di Lorenzo Thione, del suo Bing, e dell’immensa acquisizione della sua opera per 100 milioni di euro da parte di Microsoft.

Clichè

L’idea che Internet offra occasioni di dialogo anche tra posizioni opposte, permetta di maturare un opinione più completa su un argomento attraverso il dibattito, soffre di un peccato di presunzione.
La presunzione, o forse l’utopia, che chiunque si muova in questo mare abbia il desiderio di accettare il confronto.
Sempre più spesso vedo invece gente chiudersi a guscio sulle proprie certezze piuttosto che porsi all’ascolto di chi argomenta un’opinione distante dalla propria, vedo gente attaccare in maniera violenta, o abbandonare la discussione, quando essa tende a smuovere la terra sotto i propri piedi.
Questo perchè ascoltare gli altri è un esercizio che si impara fin da piccoli, e richiede una maturità ed una compostezza che non siamo abituati ad esercitare, e la rete non fa altro che amplificare questi nostri difetti.
Si tratta di una generalizzazione certo, ma se nelle nostre giornate tendiamo a circondarci di persone che la pensano come noi, che hanno magari la nostra stessa formazione, vivono nella nostra stessa realtà, che hanno idee simili alle nostre, siamo tentati nel riportare questo criterio all’interno dei social network, dei blog che frequentiamo. Vogliamo sempre più spesso una conferma in ciò che pensiamo, vogliamo sentirci dire di essere nel giusto, e sotto questo punto di vista la Rete offre tutte le possibili gamme di opportunità. Che tu sia Berlusconiano, AntiBerlusconiano, TeoCon, complottista, troverai sempre chi ti dirà di essere nel giusto.
Cosi, quando anche casualmente, qualcuno propone un argomento lontano dai nostri standard, perdiamo interesse o se decidiamo di affrontarlo siamo più portati allo scontro più che al dialogo.
Internet non fa che riproporre i modi che si ripropongono all’esterno e per questo, quando si parla di blogosfera molle, si dovrebbe piuttosto parlare di mollezza dei naviganti, e di un intera nazione troppo chiusa nelle proprie convinzioni per metterle in gioco.
Forse è perfino esagerato parlare di nazione, quando ancora soltanto il 10% della popolazione utilizza Internet per informarsi in maniera costruttiva, mentre ancora tutto il resto continua ad usarla per spedire mail, chattare o a vivere qualche social network soltanto come uno svago, senza ancora comprenderne a pieno le potenzialità.
Per cui, probabilmente, la situazione è perfino peggiore se perfino chi ne ha percepito le capacità ne fa un uso cosi sbandato. Quando ancora ci sarebbe da alfabetizzare un’intera nazione su questi temi.

Si fermassero un pò

Dove metto la testa il più delle volte non so, si sposta più delle volte in luoghi lontani da dove dovrebbe stare. E cosi mi capita di dimenticare impegni, tant’è che oramai per quelli ho preso ad appuntarmi tutto un pò dovunque, usando l’agenda come mai avrei pensato prima.

Mi capita, per dire, di accorgermi che le mie scarpe da tennis non si trovano dove dovrebbero essere, dove di solito le poggio al ritorno dalla palestra. Cerco sotto il letto, dietro ogni mobile, ma nulla.
Non potevano che essere li, dimenticate sotto la panca dello spogliatoio subito dopo la doccia.
Non avevo quasi la faccia tosta per chiedere alle ragazze del front office se, magari, qualcuno si fosse preso la briga di metterle da parte, dopo averle trovate. Del resto, non meritano di essere rubate, sdrucite, o come dice una mia amica, talmente brutte che era forse un vantaggio per me averle perse.
Dopo aver suscitato l’ilarità dei presenti, naturalmente nel momento di punta per gli ingressi, una breve ricerca le ha riportate a me, un sacco di plastica, come un relitto, come una valigia lasciata sul binario.
(loro, in Puglia…)

Accatastando per l’inverno

Non ho fatto in tempo a poggiare l’ultimo libro, con non poco dispiacere, dopo più di un anno in cui l’ho lasciato poggiato con sufficienza sul comodino, che già li se ne accatastano dei nuovi.
Non riesco a resistere all’impulso quando entro in libreria, o quando qualcuno mi consiglia una nuova lettura.
Ho cominciato adesso “Considera l’aragosta” di David Foster Wallace ed è troppo presto per lasciarmi andare a giudizi, anche se tutte quelle note a piè di pagina qualcosa suggerisce.
In stand by c’è un altro libro della collana VerdeNero, di cui ho parlato già l’anno scorso, il saggio di Guido Viale sul lavoro e la crisi ed infine un libro che per fortuna si lascia poggiare tranquillamente, che prendo di tanto in tanto in mano quando decido di passeggiare per Milano, regalandomi qualche modo per apprezzare questa città in cui, cosi, per caso, mi trovo a vivere.

Quindi riepilogando:
– Considera L’Aragosta di D.F. Wallace;
– Prove per un mondo diverso di Guido Viale;
– Sequenze di memoria, di Loriano Macchiavelli;
– 101 cose da fare a Milano, di Micol Arianna Beltramini, che oltrettutto ha un blog che non è per niente male.

C’è chi va a legna per l’inverno, io vado a libri.

A Calatafimi, altri Mille

Quando oggi ho scritto quel post in realtà ho sbagliato. Non avrei dovuto godere soltanto per l’arresto e per i ragazzi che erano dinnanzi ai portoni della questura ad esultare per l’arresto di ieri pomeriggio, ma avrei dovuto prima di tutto esaltare ciò che è avvenuto a Calatafimi al momento della cattura del boss.
Per chi non ha avuto modo di conoscere la realtà dei piccoli centri dell’entroterra Siciliano, dovrebbe correre a leggere almeno uno dei libri di Leonardo Sciascia, per comprendere il sottosuolo da cui si è partiti per arrivare ad un momento come questo. Vedere scendere in piazza un intero paese, in una mobilitazione spontanea, per applaudire il lavoro dei Ros, per dare del bastardo ad un boss capace di sciogliere nell’acido un bambino, per manifestare la propria gioia nell’arresto di un latitante tra i più importanti in circolazione, è un segno che il terreno intorno a questa gente si sta bruciando sempre di più, costringendoli ad una vita sempre più insignificante in tuguri poco dignitosi.
Un giornalista napoletano, Arnaldo Capezzuto, minacciato più di una volta dalla camorra ebbe modo di dire una volta che a Napoli, come a Palermo, c’è sempre un grande casino fuori dalla caserma dei Carabinieri ogni volta che si arresta un superlatitante, con la differenza che a Palermo fuori ci sono i ragazzi di Addiopizzo, la cosiddetta società civile, mentre a Napoli vi sono le donne di camorra, soltanto per minacciare forze dell’ordine e giornalisti.
Una differenza sostanziale direi, che fa poco rumore.
E pensare che c’è perfino chi ha avuto modo di criticare quel genere di esultanza cosi vicina ai modi da stadio, di trovare il modo di criticare le forze dell’ordine anche in questa occasione.
Beh, se fossi stato li, sarei corso anch’io ad esultare li con loro, con maggiori giustificazioni che per una vittoria del Palermo o della mia Nazionale.

P.s. 1)Che tristezza vedere i maggiori blog del paese, i top blog, dimenticarsi di questa storia, per poi incapponirsi su storie minime.
2) Al minuto 5′ di Studio Aperto delle 18:30 (eh?), l’intervista a Silvia per AddioPizzo.

Un applauso alla Catturandi

Un altro passo in avanti. Che val bene una festa, perchè questi uomini meritano di essere osannati.

Ad Cazzum

Ancora assonnato preparo la caffettiera, sistemo i biscotti sul tavolo, verso un pò di latte nel bicchiere e attendo che il caffè cominci a sbuffare.
Nell’attesa, già stanco per la giornata che sta per cominciare, sventaglio tra i canali alla ricerca della prima dose di notizie giornaliere. Fino a qualche tempo fa preferivo le chiaccherate di Mineo su Raitre, ma dai nuovi diktat li a quell’ora c’è posto soltanto per la cronaca regionale.
Ripiego, spinto dai desideri del mio coinquilino, reale dominatore di quel televisore cosi strategico, verso il tg della mattina di Canale 5.
E’ la mattina del 10 Novembre, le prime notizie celebrano il ricordo della caduta del muro di Berlino. Allestimenti scenografici in pompa magna, un immenso domino, e la solita sfilza di governanti sorridenti come di solito accade in queste rimpatriate che di tanto in tanto si organizzano.
La giornalista sposta chiaramente l’attenzione sul nostro premier, ed è li che la luce della mattina assume un colore diverso.
Io capisco che sia una vera noia rispondere continuamente alle domande di giornalisti petulanti, che in ogni tua uscita pubblica tendono a circondarti, con te confuso e accaldato a cercare di mettere in fila una risposta decente quando davvero non sai cosa dire.
Per questo quando ti chiedono dell’importanza della caduta del Muro tu rispondi dicendo l’unica cosa che hai capito. Che si è trattato di un evento epocale, da cui ha preso forma un mondo diverso da quello fino a quel momento conosciuto, che ha aperto frontiere finora inesplorate per il capitalismo.
E poi, giusto per aggiungere alla frase un ulteriore puntello, hai voluto fare un esempio, ravanando tra quelli che meglio ti sembrano rappresentare la novità di questi anni. Internet e la Globalizzazione. E cosi ti sei inventato una frase fenomenale.
“La globalizzazione del mondo e internet non sarebbero potuti accadere con una Germania ancora separata dal resto dell’Europa e dalla libertà.”
Resta ancora da chiarire come il muro possa essere collegato ad un’idea nata nel 1962, soltanto pochi mesi dopo l’edificazione del Muro (1961), e maturata negli Stati Uniti nel corso degli ultimi quarant’anni, come la distruzione di un muro che divideva una città in due parti possa aver contribuito allo sviluppo della tecnologia che sta alla base dei protocolli di rete.
Ma si sa, le parole sono fatte per essere messe li a caso. Giusto per metterle una dopo l’altra, senza cercare di darne un senso.

E’ nata AddioPizzo Travel

Sembra un momento di estremo fermento all’interno di AddioPizzo.
Oggi, per dire, è nata AddioPizzo Travel, dall’idea di tre ragazzi del comitato, Dario, Francesca ed Edo.
Chi deciderà di visitare Palermo da oggi in poi potrà contare sul loro supporto, potrà visitare i luoghi della cultura e della storia recente della città, della mafia e dell’antimafia, scegliendo di non mandare neanche un’euro nelle casse mafiose.
Un’idea imprenditoriale, semplice ma geniale, che va premiata. Fatelo.

P.s. Vi segnalo, per approfondire, l’articolo sul Corriere e sul Guardian.

Ma va là, Kippenberger

Ogni anno c’è il mio compleanno, ogni anno arriva il momento delle ferie, ogni anno arriva il momento della polemica sul Crocifisso.
Non ho ancora capito quando l’anno scorso ne avevamo smesso di parlare, che già me la ritrovo qui, continuandola a considerare una delle polemiche più inutili che si possano presentare, di quelle che non cambiano di una virgola nulla, perchè nulla cambia con un crocifisso ad un aula, appesa appena dietro ad un prof a cui sparare di nascosto con la cerbottana.
E questo i primi a capirlo dovrebbero essere cardinali ed eminenze varie, dalle loro stanze chiuse sulla realtà.
Mentre mi trovo a capire ciò che essa simbolicamente possa rappresentare, trovo difficoltà nel comprendere come un uomo, Gesù, messo li in Croce, possa rappresentare un’offesa alla sensibilità di qualcuno. Da qualunque parte lo guardi trovo sempre un simbolo universale, sul quale interrogarsi.
Se fosse vero il contrario, dovremmo forse abbassare lo sguardo ad ogni angolo delle nostre strade per non essere offesi nel vedere in cima ai campanili quei due pezzi di ferro incrociati in quel modo, per non cadere nella tentazione di essere soggiogati dalla “terribile” pena della fede.
Non credo.
Non credo neanche che un crocifisso in un’aula possa rappresentare un pericolo per la laicità di questo stato e delle nostre generazioni. Viviamo, abbiamo vissuto, intrisi dal cattolicesimo fin dalla nascita, abbiamo fatto comunioni, cresime, eppure molti di noi, forse anche per reazione, sono diventati atei, agnostici, senza subir i condizionamenti di cui parliamo temendo che chi è oggi si trovi sui banchi di scuola non abbia la capacità di discernimento che a noi è stata donata.
Non mi scandalizzo nemmeno nel sentir parlare di tradizione, venendo da una terra in cui molto spesso ciò che viene presentato come atto di fede è piuttosto folklore. Non mi scandalizzo nel sentir dichiarare il cristianesimo come elemento fondante della nostra cultura, di pari passo all’illuminismo, parti imprescindibili dei valori di cui ci crediamo parte.
Per questo la laicità portata ai limiti del fanatismo mi da la stessa idea dell’analogo bigottismo cosi tanto inviso, mi pare un guardare a noi, al nostro essere qui, adesso, in maniera alquanto distratta.
Poi si può parlar di tutto, ma converrebbe perdere il nostro tempo in battaglie più di ampio respiro. Pensiamo alle ore di religione, cosi inutilmente discriminatorie, cosi inutilmente inserite nelle ore scolastiche soltanto per favorire le gerarchie cattoliche, che nominano esse stesse chi a loro aggrada (e su questo potrei anche raccontare una storiella, con il rischio di una bella querela, se qualcuno mai leggesse). Pensiamo ad inserire ore più consone a questi tempi cosi complicati, che aiutino a comprendere le diversità che abitano le nostre classi.
Ma non continuiamo a perderci in ulteriori chiacchere inutili, per carità.
L’entropia è già quella che è.