Ridate indietro l’anima di Jack London

Jack London è probabilmente lo scrittore che più di tutti è stato banalizzato e semplificato nel corso di un secolo. Quello che rimane a noi lettori superficiali sono storie per ragazzi, di libertà e spazi infiniti, di cuccioli in cerca del loro padrone e di cercatori d’oro.
Ma Jack London fece della sua stessa vita un romanzo, più o meno consapevolmente, in un iperbole che lo portò dall’infanzia nei sobborghi poveri di San Francisco, fino alla fama di scrittore, attraversando una vita da esploratore di luoghi ed umanità varia, passando per il controverso impegno politico.
Subì infatti la fascinazione per il socialismo, che in quegli anni anche negli Stati Uniti si stava affermando, e se ne fece cantore e divulgatore. Venne eletto perfino sindaco di una piccola cittadina, e partecipò a molte manifestazioni, rischiando più volte di finire in carcere.
Ma è attraverso un suo libro, il Tallone di Ferro, che riuscì a raccontare i suoi timori per le derive del capitalismo, e le speranze che esso stesso nutriva per le utopie del socialismo.
In quello che è uno dei primi esempi di romanzi distopici della storia, racconta l’evoluzione di una società nella quale un’oligarchia imprime il proprio potere schiacciando le masse più deboli.
Ben prima di George Orwell, Jack London riuscì a raccontare i pericoli di un mondo nel quale le idee possono essere considerate pericolose, se non conformi alla logica dominante.
Ad accompagnare il lettore lungo le pagine del libro è la voce di una giovane donna benestante, innamorata di Ernest Everhard, il giovane rivoluzionario vero protagonista del romanzo, il cui nome ispirò, secondo alcune teoria, anche i genitori di Ernesto Che Guevara.
Sono le parole di Ernest a risvegliare dal torpore membri della borghesia e del clero chiusi nei propri cenacoli intellettuali ed ignari della situazione in cui vive un popolo vessato dal lavoro in fabbrica e da condizioni di vita disumane. Sono le parole di Ernest a divulgare con semplicità le idee di Marx sulle pericolose derive del capitalismo, destinato ineluttabilmente a fallire.
La presa di coscienza di questi uomini è senz’altro uno dei momenti migliori del libro, perché consente allo scrittore una rappresentazione plastica dei metodi attuabili da una dittatura per soffocare sul nascere ogni forma di dissenso. Non a caso fu un libro molto letto all’inizio del secolo scorso, e molto censurato. Mussolini non ne permise la pubblicazione in Italia durante il fascismo, ma, non a caso, attuò molti dei metodi descritti nel libro.
Ma fu un libro che passò di mano in mano durante tutto il secolo scorso, tra rivoluzionari e dittatori, fino ad essere quasi dimenticato.
Riscoprirlo sarebbe interessante, ancora oggi.
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