A volte mi chiedo a cosa serve facebook, realmente. E l’unica risposta possibile è che serva a mettermi in contatto con opinioni lontane dalle mie. E a ricordarmi quanto possa essere diffusa ed incredibilmente vicino a me la stupidità.
Archivio mensile:Gennaio 2015
Un piccolo ragionamento su questi giorni
Gli attentatori erano cresciuti in Occidente. Nei paesi nei quali riteniamo di coltivare i valori della laicità, della libertà, della tolleranza, del rispetto delle idee e della diversità.
Eppure questi ragazzi hanno ritenuto opportuno imbracciare dei kalashnikov, entrare nella sede di un giornale nel quale si pubblicavano immagini satiriche, e sparare in direzione degli autori di quelle vignette, per poi seminare il terrore nel resto della Francia.
Erano immigrati da più generazioni, potevano essere integrati nella nostra cultura, apprezzarne a tutti gli effetti i benefici.
Eppure hanno preferito guardare nella direzione del fanatismo.
E tutto questo qualche domanda me la pone, da occidentale. Dove abbiamo fallito? Perché la nostra cultura non è, per così dire, allettante per questi giovani?
Venivano dalla periferia di Parigi. Leggevo:
Uno dei più autorevoli politologi francesi ,Gilles Kepel, attribuisce tale fenomeno al degrado urbano e sociale e allo stato di abbandono di queste vere e proprie favelas francesi: lo studioso afferma, infatti, che l’islam ha fornito una “compensazione” al sentimento di indignazione sociale, politica ed economica causata dalla situazione in cui riversano le banlieue. L’islam si sarebbe quindi sviluppato a causa dell’assenza della Repubblica e non in opposizione ad essa; i valori dell’Islam, in semplici parole, hanno riempito il vuoto lasciato dai valori repubblicani.
Comprendere il contesto entro il quale un tale avvenimento si è verificato è il primo passo per marginalizzare e contenere fenomeni di estremismo religioso. Il sempre più crescente numero di comunità islamiche che nascono ai confini delle città forma una vera e propria (sub)cultura parallela che ha portato alla formazione di un continuo stato di tensione sociale: secondo un rapporto ufficiale del Marzo 2014, infatti, sarebbero sempre più numerosi in francesi intolleranti verso gli arabi musulmani, considerati spesso come criminali, parassiti sociali, aggressivi nelle loro pratiche religiose e irrispettosi della laicità della Repubblica.
Le differenze sociali, economiche, hanno prodotto, secondo questa visione, una rabbia sociale che ha cercato altrove un elemento di identificazione. Un vuoto che hanno preferito colmare guardando indietro ai paesi dei loro nonni, dei loro genitori, piuttosto che ad un paese del quale non si sono mai ritenuti parte.
Se volessi continuare in questa autoanalisi (è una specie di metodologia mentale, la mia, quella di guardare prima ai miei errori per poi pensare a quelli degli altri), potrei dire che il vuoto di ideali della nostra società ha fatto il resto. Abbiamo avuto la capacità di abbattere le ideologie, di poter fare sostanzialmente a meno delle religioni (ed è un dato di fatto), ma non siamo riusciti, forse perché assoluti cultori della diversità di pensiero, a costruire qualcosa per la quale valesse la pena credere, fino in fondo. E quei valori di cui ci facciamo portatori, il nostro credo, probabilmente non siano in grado di trasmetterli come dovremmo.
E questo, per delle menti deboli, come quelli di questi assassini, può essere un problema, e può creare quel substrato culturale sul quale il fanatismo (anche di matrice islamica) può far presa.
O più probabilmente gli idioti ed i fuori di testa vengono fuori ovunque, indipendentemente da una cultura o dall’altra e noi che proviamo soltanto a mettere ordine in questo caos.