E’ arrivò il giorno in cui tutto finì. In cui è finito il percorso in cui molti avevano creduto, nella speranza che la scelta di rinnovamento nella politica Italiana potesse davvero avvenire.
La scelta di oggi di Matteo Renzi di chiudere l’esperienza di governo di Enrico Letta per ragioni tutt’altro che chiare rappresenta la fine di quella speranza in nome di una manovra di palazzo che tanto invisa sembrava qualche tempo fa.
Se ne possono comprendere le ragioni, tra cui l’impossibilità del ritorno al voto con questa legge elettorale che non garantirebbe alcuna governabilità, le difficoltà nel fare approvare l’Italicum, le spinte interne della minoranza del partito che voleva un maggiore impegno di sostegno al governo (strumentale, si capisce da sè, allo stesso logoramento di Renzi). Si capisce che le alternative si restringevano.
Ma passare al ruolo di capo del Governo senza passare dalle elezioni mette in discussione quasi tutto del progetto che ha condotto Renzi li dove è adesso. E che mette in gioco non soltanto la sua credibilità, ma anche la credibilità di chi per quel cambiamento si è speso.
Perché andare al Governo adesso richiederebbe delle riforme tali da giustificare questa decisione, con una probabilità bassissima di farle passare vincendo l’ostruzionismo di una maggioranza ballerina.
Forse sono soltanto un po’ stordito dalla decisione di oggi, ma delle due, una. O è uno stupido, ipotesi che tendo ad escludere, o ha delle certezze che noi non possiamo avere.
La conclusione più probabile è comunque che Grillo, in fondo, ce lo meritiamo.
E scusateci per il disturbo.