Sogni piccoli

Aveva preso a fare quell’esercizio da qualche sera, da quando gli aveva detto che soltanto cosi sarebbe diventato un bravo ritrattista, capace di cogliere lo stato di quiete su ogni volto che avrebbe incontrato e voluto fotografare. Gli avevano detto che in questa maniera avrebbe potuto portare quelle espressioni nella direzione che più desiderava, fosse stato odio o dolcezza.
Ma lui stava li a guardare davanti allo specchio quel suo volto che cominciava a mostrare qualche ruga intorno all’occhio e non riusciva a riconoscerla quest’espressione.
Per quanto si sforzasse di rincorrerla essa pareva allontanarsi da lui. Per quanto riuscisse ad andare indietro con la mente non ricordava più il momento in cui la quiete dominasse i suoi pensieri.
Aveva smesso di pensare, totalmente assorbito da quella vita che seguiva ritmi che non gli appartenevano, ed anche in ogni secondo di libertà si ritrovava a rincorrere qualcosa che non riusciva ad afferrare.
Avrebbe voluto fare sogni piccoli, di quei sogni che la mattina dopo ritrovi a colazione, tra una tazza di latte ed una di caffè, invece di viver per aria con sogni irraggiungibili.
Pensò che il giorno in cui avrebbe ricominciato a fare sogni piccoli come una farfalla avrebbe ritrovato quelle rughe intorno agli occhi finalmente distese.

Cartolina da Karlsruhe

Le vittorie degli altri

Era inevitabile il contagio ieri pomeriggio, come se una tale iniezione di entusiasmo collettivo fosse necessario, di tanto in tanto, per rinvigorire un senso di comunità altrimenti sfasciata.
Camminando lungo via Torino era già una sfilata di maglie nerazzure dalle prime ore del pomeriggio, di bandiere svolazzanti e di strombazzate stramaledette dai negozianti in quella giornata troppo caotica persino per Milano.
Quando poi raggiungevi piazza Duomo era un tappeto di gente festante, incurante di ogni scaramanzia, già alle sei del pomeriggio, che non potevi fare a meno di ritrovarti dopo poco a cantare, tra il sorpreso e l’attonito, un “pazza inter, amala”.
Anche a voler sfuggire, percorrendo il tunnel verso la metro, quando già comprendevi di aver superato un limite autoimposto, non rimaneva che il fiume di gente che svuotava letteralmente ogni vagone inondandoti di sciarpe e striscioni, fino a sentir dire, superata la marea:
“che se poi vince davvero l’Inter mi emoziono almeno dieci volte tanto che per la vittoria dell’Italia al mondiale, già lo so.”
Che dice di per se tutto.
Mi sono tenuto cosi lontano da quella festa che non mi apparteneva e ho gioito anch’io in realtà, perchè agli interisti ho sempre voluto bene, sono sempre stati gli amici da prendere in giro, senza poter mai ribattere, con cui giocavi facile, che soffrivano in silenzio nella loro mestizia da astinenza. E a me, quelli cosi, mi sono sempre stati simpatici.

Chi la ferma più?

Continuando a tenere d’occhio la situazione nel golfo del Messico, date un’occhiata a questa esaustiva infografica, rigorosamente da ingrandire.

(via Alaska)

A Fivelandia

I biscotti preferiti dai puffi?

Storia di ordinaria idiozia

Prequel

-“Lasciamo la macchina da mio fratello, ci accompagna lui in aeroporto, magari ci offre pure il pranzo”
-“Vabbò, se per lui non ci sono problemi”.

La storia

Venerdi pomeriggio, aereo in partenza per Palermo, ed a farmi compagnia Alessandro. Partenza in concomitanza, e ritorno separato, visto che lui prolungherà la sua vacanza di qualche giorno.
Già in fila per l’imbarco, quando oramai le hostess sono a vista d’occhio, superata l’ultima curva di quest’astrusa nuova disposizione dell’aeroporto, una telefonata ci interrompe.
-“Ma Ale me le ha lasciate le chiavi?”
-“Perchè? Aspè che gli dico di controllare”
-“Cazz…mi sono dimenticato di dirgli che mercoledì mattina passerà la pulizia delle strade”
-“Ma che ne sapeva lui. E poi come hai fatto a dimenticarlo, se l’altra volta ti sei preso la multa pure tu. E poi sono io lo stonato della famiglia.”

Intanto Ale, infila le mani nelle tasche del suo zaino da campeggio, alla ricerca delle benemerite chiavi.
-“Qua sono”.
-“Apposto, perfetto”.

Attimo di panico, sguardo perso come un pesce rosso in un acquario, ed una ragazza, evidentemente incuriosita dalla discussione, comprendendo la situazione e la nostra totale inerzia, ci suggerisce un’alternativa:
” Perchè non le lasciate all’ufficio oggetti smarriti e poi lui le viene a prendere. Si può fare, credo.”
Neanche il tempo di finire la frase, ed Ale era già sparito.
Faccio passare i pochi dietro di me nella fila, ma insomma, non c’è molto da temporaggiare, visto che tra due minuti sarò li davanti, pronto a staccare i biglietti. Ed ancora lui non si vede.
Mi trattengo indifferente, faccio passare due ritardatari, ma è proprio il mio turno.

-“Il suo biglietto, signore“.
-“ehm… si ecco, però sto aspettando un mio amico che è dovuto scappare per fare una cosa, se….se potete aspettare due secondi ancora”.
Sguardo infastidito all’orologio.
uhmm….Ma cos’è andato a fare..
Ed ecco che spunta dalla stessa curva, trafelato, pronto per staccare il biglietto, anche lui.

“Com’è finita?”
“Niente, sono andato al controllo bagagli e lo volevo lasciare alla ragazza li, però mi ha fatto notare che tuo fratello lì non sarebbe potuto arrivare”
“E allora”

“Allora, mi ha detto di lasciarlo al tipo all’ingresso del controllo. Mi ha fatto uscire con lei, abbiamo spiegato la situazione a questo tipo, che è pure palermitano, mi ha detto, e se l’è prese. Gli ho spiegato a chi le deve dare, però tuo fratello deve venire entro mezz’ora, perchè poi lui se ne va”.

“Vabbene, ora lo chiamo. Hai visto che ce l’abbiamo fatta. Almeno ringrazia quella tipa li, e la sua idea”.
Arrivo a Palermo ed in contemporanea l’sms.
Ale mi deve 40 €

Ultimo atto.
Domenica sera. Trolley che cingola, quasi, tra le mattonelle disconnesse di fronte casa. Carichiamo, che tra un’ora e mezza l’aereo parte.
Quando, un sms.

Siamo degli idioti. Abbiamo fatto un casino, e poi perchè non gliele abbiamo fatte lasciare a te, visto che tornavi oggi? Che……

Come dire, l’intelligenza si dimostra sotto stress. E la nostra era, evidentemente, assente.

Chiamate Bruce Willis

Mentre la notizia scivola in fondo alle homepage dei giornali Italiani, ancora una breve considerazione su quanto avviene nel golfo del Messico.
Nonostante la compagnia incriminata cerca di dare un tocco di trasparenza mettendo online l’immagine di una delle due falle, poca chiarezza viene fatta sulle cause del disastro.
Si parla di due valvole di sicurezza non installate e di perforazioni oltre i limiti concessi, nonchè di test di sicurezza non superati il giorno stesso dell’incidente.
Riguardo alle valvole di sicurezza, di cui una prevista per legge, rimane inspiegabile il motivo per il quale un impianto che estrae petrolio per un importo di 400.000 $ al giorno non trovi il modo di adeguarsi ad una norma già utilizzata dall’Eni, ad esempio, da più di dieci anni.
Operazione che avrebbe consentito una chiusura istantanea della valvola in caso di un ESD (Emergency Shutdown), che avrebbe quindi bloccato la fuoriscita della miscela gas – petrolio a valle della falla.
Tutto a fronte di una spesa non esorbitante ma che avrebbe richiesto una fermata dell’impianto almeno per un paio di giorni, evento inconcepibile per chi ha in gestione la piattaforma.
Perchè, parliamoci chiaro, l’unico vero motivo per il quale molto spesso queste operazioni di manutenzione e di integrazione non vengono eseguite risiede proprio nella necessità di interrompere una produzione che deve procedere nel senso del massimo guadagno e di un ritmo che non può essere interrotto.
Per cui, per quanto il gioco di rimpiattino sia cominciato tra le parti in causa, le fondamenta di quanto sta avvenendo sono da ricercare nell’assoluta incapacità della nostra civiltà di rinunciare al petrolio come fonte combustibile, e dei governi nazionali nell’infliggere a tali compagnie multe che siano realmente in grado di disicentivare comportamenti maldestri come quelli perpetuati in questo caso dalla B.P.
Del resto la storia dello sfruttamento petrolifero, tra le molte macchie lasciate dal suo passaggio, è ricca di eventi che dimostrano l’incapacità di governi, che definire deboli è un eufemismo, nel far rispettare delle norme di sicurezza elementari.
Lo racconta in una puntata imperdibile di Report Milena Gabanelli, affrontando la situazione nigeriana, ed in particolare il fenomeno del “gas flaring“, della fiamma cioè generata dalla fuoriscita nell’atmosfera del gas naturale (la stessa nube visibile in questo video) , tossica per l’uomo e per l’ambiente e che continua a far parte del panorama visibile in tutto il delta del Niger, nonostante siano presenti norme del tutto ignorate già dal 1979.
O meglio, che soltanto nel 2012 risulteranno attuate. O almeno così si spera.

p.s. il titolo è una sua idea.

C’è B.P. e B.P.

Eppure un amico mi ha appena ricordato, che B.P. diceva che fosse dovere di tutti impegnarsi per lasciare il mondo migliore di come lo si è trovato.
Strani giochi fanno le parole. Alla B.P. sicuramente non conoscevano questo motto.

p.s. la foto l’ho presa da qui.

Robe di casa mia

Code, incontri, umori

Ad un certo punto ho sperato che quei minuti passassero più lentamente possibile, nonostante ci trovassimo già in coda da un’abbondante mezz’ora. Della visita per i palazzi dei Rolli non avrei comunque capito nulla, per cui tanto meglio restare in fila, tanto più dopo aver cominciato a battibeccare con un trio di amici “con lo stesso identico umore”, ma per “una divisa di un altro colore”. Una telefonata per chiedere informazioni, il primo sorriso sornione dopo il primo rigore, i minuti che passano mordendosi le labbra, cercando di spostare l’attenzione sulle fotografie esposte sugli scaffali, giusto per ingannare l’attesa, e poi chiami tu o chiamo io, ma no, aspettiamo cinque minuti, che poi il gol arriva, lo mette dentro il solito Miccoli, con genio e dedizione, incompresa da certuni, e poi ci prova Budan, che oramai la coda sta svanendo e i minuti pure, in una lunga telecronaca telefonica.
Ci sorridono, alla fine, i nostri compari casuali di questo, pomeriggio.
Forse adesso meglio dedicarsi ad architettura e storia, e ciò che accadrà accadrà, oramai la prossima settimana.
Chissà mai.