Vabbene si, chiamatelo culo

Se andassimo tutti via, ci trasferissero tutti quanti in massa su un’isola, tra stranieri, sono sicuro riscopriremmo il valore del vicendevole aiuto.
Ci troveremmo in minoranza e ci aggrapperemmo a qualsiasi appiglio. Persone, uomini a cui non avremmo rivolto la parola nel nostro ambiente,
tra le nostre sicurezze, diventano improvvisamente paesani, amici di una vita che con una pacca sulla spalla ti spingerebbero verso il bar
più vicino per il prossimo inesorabile caffè.
Ti renderesti conto però che quello sguardo che prima sembrava rivolto altrove, era li ad osservarti da sempre, ma adesso sembra accudirti in quanto simile.
In un concetto di vicinanza assurdo, ma reale.
Cosi, se avessi perso un paio d’occhiali in una piazza italiana, sono sicuro che non li avrei più ritrovati.
In vacanza, invece, può capitarti di essere accudito da altri italiani, e ritrovare quegli stessi occhiali da sole la sera successiva.
Li avevano accuditi, sicuri di poterci rincontrare nei nostri percorsi da turisti. Li hanno visti li per terra ed hanno pensato di conservarli.
Un gesto semplice che però racchiude molti nostri comportamenti, che ci dovrebbe aiutare a riflettere sulla soglia di attenzione che normalmente riserviamo

a chi ci sta incontro.
Adesso ho cosi dei bolognesi da ringraziare.
Insieme alla buona sorte (chiamatelo pure “culo”) di essermeli trovati li vicino.

2 commenti su “Vabbene si, chiamatelo culo”

  1. Bello il palazzo. Rispecchia ciò che ha di fronte, vero?
    Mi piace tanto… filosoficamente sembra voler dire "ehi, guarda cosa non stai guardando!".
    Ciao,
    Emanuele

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