“Ho questa sensazione, qui, davvero”
“Spiegati meglio”
“L’altro giorno mi sono messo sdraiato sul prato di fronte casa per un bel pezzo. Il sole era forte e forse mi addormentai anche. Quando aprii gli occhi, pensa te, mi accorsi che il sole si muoveva ed io restavo fermo. Non avevo punti di riferimento di fronte, e mi sentivo perduto. Spostai soltanto un attimo lo sguardo verso destra e incrociai un palo della luce”
“E quindi”
“E quindi, senza quel punto di riferimento trovato li mi sentivo perso, non riuscivo più a trovare l’equilibrio, e cosi cominciai a pensare a quanto mi raccontava mio padre della sua gioventù. Delle giornate nei campi, dettate dalla luce del sole e dal tempo che il buon Dio donava. E dei periodi dell’anno da rispettare. C’era il tempo per la semina, il tempo per la mietitura, quello per la raccolta, il tempo delle vendemmie e quello della raccolta delle olive. Il tempo per far crescere un’orto ed il tempo per raccogliere i suoi frutti. E poi c’era il tempo delle feste, della comunità che si riuniva e festeggiava l’arrivo dell’estate, il Santo patrono del Paese, la settimana Santa. Ritmi normali. Dettati da ciò che il cielo comandava con il suo naturale corso”.
“Forse ho capito dove vuoi arrivare, ma la devi smettere, a te quel mondo li ha fatto sempre schifo!”
“Schifo no, ma lo trovavo noioso, vivere sempre con gli stessi ritmi, con nessuna variazione sul tema di anno in anno. Stare li poi nei campi, come esseri solitari, per me era insopportabile. Quindi, non pensare che m’interessi tornare indietro. Pensavo ad altro…. però non puoi negarlo che a me le feste di paese mi son sempre piaciute”
“Si come no, passeggiare nella stessa via per ore e poi bloccarti davanti alle bancarelle dei giocattoli e al carretto con le musicassette.
Vabbene si, ma allora, cosa t’interessa?”
“C’è che forse comincio a capirne il senso. Il senso del tempo. Che scorre dettato da obiettivi comuni, a gente che corre nelle rispettive vite parallele, ma che poi s’incontra in un momento collettivo, unico per tutti. In cui buona parte della gente si impegna per essere parte attiva, partecipe”
“Ma questo c’è anche oggi, a Natale per esempio…”
“Tu dici? A me pare che il Natale, la Pasqua, il Carnevale, siano solo la scusa per un paio di giorni di vacanza e niente più. Da vivere da soli o nella stretta cerchia delle amicizie e parentele.
Invece io adesso ne sento il bisogno. Senza di queste ogni giorno mi pare uguale, senza scadenze se non quelle dettate dalla prossima rata delle macchina da pagare e della prossima busta paga. Quegli appuntamenti invece corrispondevano a dei riti di passaggio, segnavano l’inizio di una nuova stagione dell’anno, che aveva una scadenza alla prossima festa. Ed in mezzo a segnare la strada percorsa, punti di riferimento in mezzo alle piccole fatiche quotidiane”.
“A me la cosa pare diversa. A me sembra che tu non ti renda conto di quanto i tuoi occhi siano cambiati. E’ vero che vivi in un contesto diverso, in cui il senso di comunità probabilmente è qualcosa di più flebile. Ma è anche vero che non sei più tu a guardare dal basso verso l’alto. Quand’eri piccolo, eri tu a dettare il ritmo della famiglia, tutto girava intorno a te, ed eri tu che scoprivi il mondo ed ogni anno era diverso. La maestra ti dava da colorare un pulcino e tu sentivi arrivare la Pasqua. Poi cominciavi a ricevere qualche uovo dagli zii e cosi la festa non finiva mai. Fino alla prossima. Adesso nessuno verrà a regalarti una festa. Sei tu che devi crearla e viverla insieme agli altri.
Quello che non hai capito, è che adesso tocca a te dettare i tempi.”
“Io? Non saprei nemmeno da dove cominciare!”
“Spiegati meglio”
“L’altro giorno mi sono messo sdraiato sul prato di fronte casa per un bel pezzo. Il sole era forte e forse mi addormentai anche. Quando aprii gli occhi, pensa te, mi accorsi che il sole si muoveva ed io restavo fermo. Non avevo punti di riferimento di fronte, e mi sentivo perduto. Spostai soltanto un attimo lo sguardo verso destra e incrociai un palo della luce”
“E quindi”
“E quindi, senza quel punto di riferimento trovato li mi sentivo perso, non riuscivo più a trovare l’equilibrio, e cosi cominciai a pensare a quanto mi raccontava mio padre della sua gioventù. Delle giornate nei campi, dettate dalla luce del sole e dal tempo che il buon Dio donava. E dei periodi dell’anno da rispettare. C’era il tempo per la semina, il tempo per la mietitura, quello per la raccolta, il tempo delle vendemmie e quello della raccolta delle olive. Il tempo per far crescere un’orto ed il tempo per raccogliere i suoi frutti. E poi c’era il tempo delle feste, della comunità che si riuniva e festeggiava l’arrivo dell’estate, il Santo patrono del Paese, la settimana Santa. Ritmi normali. Dettati da ciò che il cielo comandava con il suo naturale corso”.
“Forse ho capito dove vuoi arrivare, ma la devi smettere, a te quel mondo li ha fatto sempre schifo!”
“Schifo no, ma lo trovavo noioso, vivere sempre con gli stessi ritmi, con nessuna variazione sul tema di anno in anno. Stare li poi nei campi, come esseri solitari, per me era insopportabile. Quindi, non pensare che m’interessi tornare indietro. Pensavo ad altro…. però non puoi negarlo che a me le feste di paese mi son sempre piaciute”
“Si come no, passeggiare nella stessa via per ore e poi bloccarti davanti alle bancarelle dei giocattoli e al carretto con le musicassette.
Vabbene si, ma allora, cosa t’interessa?”
“C’è che forse comincio a capirne il senso. Il senso del tempo. Che scorre dettato da obiettivi comuni, a gente che corre nelle rispettive vite parallele, ma che poi s’incontra in un momento collettivo, unico per tutti. In cui buona parte della gente si impegna per essere parte attiva, partecipe”
“Ma questo c’è anche oggi, a Natale per esempio…”
“Tu dici? A me pare che il Natale, la Pasqua, il Carnevale, siano solo la scusa per un paio di giorni di vacanza e niente più. Da vivere da soli o nella stretta cerchia delle amicizie e parentele.
Invece io adesso ne sento il bisogno. Senza di queste ogni giorno mi pare uguale, senza scadenze se non quelle dettate dalla prossima rata delle macchina da pagare e della prossima busta paga. Quegli appuntamenti invece corrispondevano a dei riti di passaggio, segnavano l’inizio di una nuova stagione dell’anno, che aveva una scadenza alla prossima festa. Ed in mezzo a segnare la strada percorsa, punti di riferimento in mezzo alle piccole fatiche quotidiane”.
“A me la cosa pare diversa. A me sembra che tu non ti renda conto di quanto i tuoi occhi siano cambiati. E’ vero che vivi in un contesto diverso, in cui il senso di comunità probabilmente è qualcosa di più flebile. Ma è anche vero che non sei più tu a guardare dal basso verso l’alto. Quand’eri piccolo, eri tu a dettare il ritmo della famiglia, tutto girava intorno a te, ed eri tu che scoprivi il mondo ed ogni anno era diverso. La maestra ti dava da colorare un pulcino e tu sentivi arrivare la Pasqua. Poi cominciavi a ricevere qualche uovo dagli zii e cosi la festa non finiva mai. Fino alla prossima. Adesso nessuno verrà a regalarti una festa. Sei tu che devi crearla e viverla insieme agli altri.
Quello che non hai capito, è che adesso tocca a te dettare i tempi.”
“Io? Non saprei nemmeno da dove cominciare!”
Un tentativo solo di costruire un mini dialogo…