Di tanto in tanto, da piccolo, andavo a pescare con mio zio.
Lui sistemava la canna anche per me, mi spiegava come infilzare i vermi nell’amo cosicché questo scomparisse del tutto, e mi guardare fare il mio goffo lancio. Dopo poco più che una decina di minuti, seduto accanto alla sua silenziosa concentrazione, mi guardavo intorno e cominciavo a vagare con la mente. Inquieto chiedevo quando abboccassero, come mai non avessimo ancora preso nulla. Lui rispondeva annoiato alla mia petulanza e subito dopo mi allontanavo per fare un bagno. Quando tornavo trovavo qualche piccolo pesce nel secchiello e mi dispiacevo per la mia impazienza. Impaziente da sempre. Mi dicevano che avrei imparato da solo la pazienza, la vita me lo avrebbe insegnato. Occorre aspettare che il tempo segua i suoi giri per poi fermarsi nel momento giusto. Non lo afferri. Il pesce afferra il vermicello quando deciderà di aver fame.
E nei suoi giri, scopri una mattina di fine luglio che si, aspettate un bambino. Ti sembra incredibile, di quelle cose che accadono ma non sai se crederci davvero.
Affronti la situazione con il dovuto distacco, cercando di capire quello che sta accadendo. E cerchi conferme nelle sensazioni che lei riesce a trasmetterti, perché in fondo è tutto molto più complicato per i padri.
Non cambia il tuo corpo, le tue ghiandole non si gonfiano. Avviene tutto in una dimensione più sotterranea, nascosta. Quello che cambia è molto meno evidente all’esterno.
Man mano che gli esami si susseguono, la sensazione è quella di aver aggiunto un’ulteriore variabile alla complicata equazione che stai già tentando di risolvere da quando sei su questa terra. Una variabile casuale, che influenzerà la tua vita da li in poi. In questo senso le quaranta settimane, i nove mesi, si offrono come una sorta di palestra nel prendere coscienza della dose di imprevedibilità che hai deciso di aggiungere alla tua vita.
Già dai primi esami devi imparare a controllare l’ansia, sperare che sia tutto in ordine, e poi aspettare che sia lui a scegliere il modo migliore per sistemarsi in quella pancia, girando e girando fino ad aspettare che si decida a mettersi nel modo giusto. E attendere che abbia voglia di vedere il mondo, con i tempi che solo lui può scegliere. Imparando già da adesso a gestire i tempi e le priorità che le sue esigenze comportano.
Perché deciderà lui. A te toccherà imparare la pazienza e il tuo nuovo posto nel mondo. Di colui che al momento può star li ad accarezzare la pancia ed immaginare il viso che avrà, la forza che avrà, e sperare che stia bene.
Costruendo la strada su cui potrà muovere i suoi passi.
Sperando di essere pronto alla sfida più grande che abbia mai affrontato.
Bellissimi questi due post (il tuo e quello di Chy). Tanto diversi ma così simili in ciò che esprimono.
Dai che ci siamo… questa volta il pesciolino l’hai proprio pescato e sarà un Big Fish…
Ciao,
Emanuele