Settembre arriverà.

Il caldo delle prime ore del pomeriggio era per lui soffocante. Se ne stava a letto, con un lenzuolo appena sotto i piedi guardando il soffitto. Lei dormiva. Avevano appena fatto l’amore, in quella casa da cui finalmente si vedeva l’orizzonte verticale del mare. Il sapore del tempo perso, come lo definiva lui, era nel riconquistare il sapore del tempo. Le accarezzò la coscia e lei sentì quella mano, tanto che sembrava fosse prossima al risveglio. Disse sottilmente “che c’è” e si riaddormentò.

Lui guardava il soffitto. Quella casa aveva un soffitto in legno come non ne vedeva da tempo. I cerchi sulle tavole invecchiate disegnavano strane figure. O almeno era quello che la sua mente gli raccontava. Vide un coniglio dalle lunghe orecchie e una balena balzare fuori da una trave. Una nuvola e una piccola barchetta. Si girò quindi da un lato e guardò fuori dalla finestra. Il tempo sembrava voler mutare. Piccole nuvole all’orizzonte. E lui tornava bambino sognando rocambolesche avventure tra quelle creature.

Tuttavia, la solita inquietudine si impossessò di lui. Non riusciva a godere della serenità che quel luogo gli suggeriva. Ne aveva perso l’abitudine. Le ore contate, gli impegni che si susseguono, gli incontri per i quali manca sempre l’occasione. E adesso quella vastità dinnanzi ai suoi occhi. Di spazi e di tempi.

Cosa sarà adesso? Cosa ne farò del mio tempo, che prima tanto anelavo?

Avevo tutta una vita alle spalle e una ancora da ridisegnare.  Le cose non andavano bene già da un po’, e già da qualche anno Gianni aveva pensato di vendere tutto ai loro storici concorrenti. Edifici, macchine, magazzini. Non ne valeva più la pena. E non aveva il cuore giusto per poter fregarsene dei suoi dipendenti. Parlò anche con lui.

“Michele, sai, ho deciso di mollare” furono le sue parole “ho continuato in questi anni per voi, perché so quanto sarebbe difficile ricominciare di questi tempi, ma siamo arrivati al capolinea”. Avevano cominciato insieme. Erano stati soci per qualche anno, ma lui aveva deciso che le responsabilità erano già troppe così. Si era scelto un ruolo diverso. Formare i più giovani, gestire i progetti più interessanti creando intorno a se la squadra migliore. Era quello che voleva fare. Le dinamiche dei bilanci lo avevano annoiato da sempre.

“Tu, forse, troveresti subito qualcosa. Sarebbero anche disposti a prenderti con loro, i nuovi proprietari”.

Lo interruppe Michele, appoggiandosi al muro dinnanzi al quale avevano fumato tante, troppe sigarette durante quegli anni. “Sai che c’è, Gianni?” “Mollo con te. Sono stanco anch’io. Lo sto decidendo adesso. Non ho voglia di ricominciare con questa vita. In fondo mi mancano pochi anni alla pensione. E ho voglia di tornare a casa. Di una nuova vita, di diversi obiettivi. Quel che sarà, sarà”.

Si abbracciarono. Pensò che non erano mai stati così vicini come in quel momento. Pacche sulle spalle, strette di mano vigorose, ma mai un abbraccio come quello.

Erano passati quasi due mesi. Un tempo che gli sembrava infinito. Il giusto spazio alle spalle per pensare a ciò che era stato, tra mille ripensamenti. Avrò fatto bene? Dovevo proprio mollare adesso? Che mi è preso?

Pensava, guardando quel soffitto. Con lei, distesa col braccio sul cuscino, ancora bella come sempre.

Una nuova vita. Che sarà mai?

In fondo è estate. Il tempo di sospensione. E poi arriverà settembre, finalmente, e potrò tornare tra i banchi di scuola.

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