Potremo riprenderci dalla sbornia anticasta di questi anni, senz’altro necessaria, quando torneremo a dare giudizi più equilibrati, a dare il giusto valore alla politica, distinguendola dai suoi cattivi rappresentanti.
Un esempio sono i suoi costi, sui quali sottoscrivo quanto scritto in quest’articolo:
Uscire dalla leggenda della gratuità come pregio assoluto e, di conseguenza, del costo come disvalore del quale provare vergogna è un passaggio non più rinviabile, non soltanto nei palazzi del potere ma anche nel modo di sentire di tutti noi. Il web, che i grillini conoscono e usano bene, è in tal senso una guida preziosa. Passata l’euforia per l’informazione a costo zero dei blog e dei social network, ci si è resi conto che un prodotto di qualità si paga e che se, com’è noto, le bugie hanno le gambe corte, le panzane dal canto loro si muovono rasoterra.
Nella sua accezione più pragmatica, che in verità è l’imprinting dei parlamentari del Movimento 5 Stelle, la politica è vista come servizio. E un servizio costa, specialmente se è di qualità. Questo concetto elementare è molto diffuso nelle democrazie più avanzate, a esempio quelle del Nord Europa, che riescono a stratassare i cittadini senza suscitare rivolte di piazza, solo perché offrono servizi e prestazioni di prim’ordine. Oggi in Italia e soprattutto in Sicilia, a causa di decenni di ruberie istituzionali, ha preso piede una sorta di illusione collettiva, che il denaro altrui sia il frutto del peccato e che il recupero del benessere diffuso debba avvenire gratuitamente.
via Gery Palazzotto