Un’esperienza mistica, o quasi

Giorno 9
Come si dice, se qualcosa può andar storto, puoi star piu che sicuro
che lo farà.
In effetti, davvero nulla è andato liscio, fin da quando siamo
arrivati. Materiale sbagliato, per dirne una.
E poi, il mio di lavoro. Avrei dovuto sbrigare la faccenda in poco più
di due giornate, nella migliore delle ipotesi, ed invece le dodici ore
giornaliere volavano via come se nulla fosse, lasciandomi poco tempo
anche per respirare. In effetti il fiato era continuamente sospeso, e
l'ansia mi ricordava i tempi dell'università, mal di pancia compresi.
Un problema incomprensibile, un po' per tutti, ma che mi faceva
restare al palo.
Le ho provate un po' tutte, ed alla fine, martedi sera, almeno in test
sembrava dovessi poter gridare il mio eureka. Si trattava di provarla
sul campo, adesso.
Ore 10. L'elicottero è venuto a prendermi, questa volta andrò da solo
sulla mia isoletta preferita. A farmi compagnia quattro operatori
nigeriani.
Hanno persino dato una ripulita alla sala di controllo, steso i
tappeti, neanche fossi un re. Anche se, era necessario.
Loro chiacchierano, e qualcuno di loro al piano di sotto pesca. Faccio
appena in tempo un tonno scappare dopo essere quasi giunto a lunghezza
di presa, si vede che anche lui non ha voglia di farsi fregare.
Resto li davanti alla mia postazione per ore, quando esco è oramai
buio. Mi danno la mia cena e torno subito a lavoro.
Sono le dieci e mezza e ho provato davvero tutte le possibilità, tutte
tranne una.
Oramai sono tutti nella stanza, a me ironicamente hanno preparato il
letto vicino alla sedia su cui lavoro.
Provo, per l'ultima volta, che oramai sono le undici e mezza passate.
Non riuscirei comunque a dormire, teso per come sono. Non voglio
fallire, in un'occasione cosi importante.
Tento, e finalmente va.
Halleluja.
Esco fuori, avrei voglia di gridare, ed invece resto il silenzio.
Comincio a girare per la piattaforma dal primo all'ultimo piano, e mi
guardo intorno. Silenzio, interrotto dal brusio di qualche motore.
Guardo il cielo, e perfino lui mi ha regalato una notte limpida.
Salgo nel punto più in alto, dove l'elicottero atterra, e mi siedo al
centro. Le ventiquattro luci in lontananza mi ricordano che non sono
solo, illuminano l'immensità di questo mare.
Butto la schiena all'indietro, mi fermo cosi, a guardare le stelle,
tutte li solo per me, ne sono sicuro, e mi viene voglia di
ringraziarle ad una ad una.
Un'esperienza quasi mistica, giuro.

Un commento su “Un’esperienza mistica, o quasi”

  1. Ma le luci della piattaforma disturbavano la visione del cielo?
    Dev'essere spettacolare poter osservare il cielo dal buio di un oceano…!
    Ciao,
    Emanuele

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