Cosa sono le pari opportunità?

Magari ce lo facciamo spiegare dal ministro Carfagna?

Padroni della verità

Ormai anche i concetti più basilari hanno necessità di essere ribaditi. Berlusconi e la sua coalizione dietro lo scudo della maggioranza raggiunta alle elezioni crede di possedere la verità, e quindi di sapere ciò che il popolo vuole. E ciò per cui i suoi elettori l’hanno votato è per ottenere la sua impunità e per non essere intercettati (non capisco perché a me non mi beccano mai, eppure i miei bei scandali cerco di farli) . Bontà loro, a farsi fregare una volta si può essere ingenui, a farlo per tre volte si è imbecilli.

Riporto la lettera di Umberto Eco, a proposito della manifestazione di giorno 8 Luglio contro il governo. Esprime, come ho detto prima, concetti basilari. Dovremmo essere tutti li a manifestare quel giorno.

“Cari Amici,
mentre esprimo la mia solidarietà per la vostra manifestazione, vorrei che essa servisse a ricordare a tutti due punti che si è sovente tentati di dimenticare:
1) Democrazia non significa che la maggioranza ha ragione. Significa che la maggioranza ha il diritto di governare.
2) Democrazia non significa pertanto che la minoranza ha torto. Significa che, mentre rispetta il governo della maggioranza, essa si esprime a voce alta ogni volta che pensa che la maggioranza abbia torto (o addirittura faccia cose contrarie alla legge, alla morale e ai principi stessi della democrazia), e deve farlo sempre e con la massima energia perché questo è il mandato che ha ricevuto dai cittadini. Quando la maggioranza sostiene di aver sempre ragione e la minoranza non osa reagire, allora è in pericolo la democrazia.
Umberto Eco”

E da noi?

Si continua a parlare di muri da ripulire, un pò come ieri. Qui da noi le azioni di civiltà sono imputabili a pochi individui, tali comunque da non costituirne una entità rilevante. Non per fare l’esterofilo che pensa che altrove sia sempre meglio, ma leggere di questa notizia mi fa pensare ad un livello di civiltà inimmaginabile. Chi da noi provasse ad assumere questi atteggiamenti verrebbe qualificato come “spia”, “infame” o “pezzo di mer….”, in Giappone invece:

Giapponesi imbrattano Firenze. Scoperti dai connazionali e puniti

FIRENZE – Turisti e “writers”. Un fenomeno crescente tra i giapponesi. Arrivano perfino dalla “Firenze del Sol levante”, Kyoto, per imbrattare la Firenze originale. Sfuggono alla giustizia italiana, ma non all’occhio vigile e alla coscienza civile – evidentemente globale – dei propri connazionali, che li segnalano, nel loro Paese, con conseguenze che vanno fino al licenziamento, se il “writer” svolge una mansione che riveste funzioni di controllo o educazione sociale. Casi che si sono ripetuti con crescente frequenza, fino al punto di scatenare forme di “controllo diretto” da parte della maggioranza nipponica che va in giro per il mondo senza lasciare tracce scritte di sé. Un fenomeno da bollare come una “vergogna”, in una cultura così attenta anche alla componente formale delle relazioni umane e sociali.

Nel capoluogo toscano, è il terzo caso segnalato in pochi giorni. Pizzicati dai concittadini mentre lasciavano ricordi sul Duomo, cinque giovani sono stati prontamente segnalati in patria e sanzionati. L’ultimo a essere scoperto è stato un insegnante trentenne di una scuola superiore che, subito rimosso dalla carica di allenatore di baseball della squadra dell’istituto, rischia ora addirittura il licenziamento in tronco. Nonostante quella dei graffiti, nel Paese del Sol Levante, sia un’arte come e forse più che in Occidente – li chiamano Rakugaki, nello slang giovanile Rackgaki.
Quello del giovane insegnante è l’ultimo di tre episodi venuti alla luce nell’ultima settimana. Nel primo caso, una studente del primo anno del College femminile della città di Gifu si è “limitata” a scrivere la data, il proprio nome e quello di altri amici sul marmo. La liceale, che studia design contemporaneo, è stata segnalata direttamente al college da altri turisti. Il college le ha impartito un duro “avvertimento” verbale, poi ha contattato l’Opera di Santa Maria: avendo appreso che la direzione della chiesa non intendeva avanzare richieste di risarcimento, ha costretto la studente a inviare una lettera di scuse, cui ha allegato quelle dell’Istituto.
Nel secondo caso, a imbrattare una colonna della chiesa sono stati tre studenti universitari in economia e lingue, tutti del secondo anno, dell’Università Sangyo di Kyoto. Per loro è arrivata una sospensione di due settimane, accompagnata dalle lettere, sia dei protagonisti dell’episodio che del rettorato. “Ho fatto una cosa tremenda, mi vergogno profondamente” ha detto – o è stato invitato a dire – uno dei tre.
Sui media nipponici si è scatenata una vera e propria “caccia ai vandali” con tanto di speciali televisivi sui principali network. Yomiuri e Asahi, i due maggiori quotidiani del Sol Levante, chiedono nell’edizione odierna scusa per il comportamento a dir poco “scorretto” dei propri connazionali.

Schedateci tutti

Ieri a Mondello ero circondato da un gruppo di Rom. Vedevo tantissimi bambini correre in acqua e giocare tra loro come tutti gli altri bambini dovunque nel mondo.
Pensare che potrebbero essere schedati e trattati come criminali è quanto di più basso possiamo fare. Significherebbe tacciarli a vita di una possibile vita da criminali.
E’ la logica preventiva che mi fa paura, e che si fa largo per ogni possibile causa.
A questo punto schedateci tutti, prendete pure anche le nostre impronte.

Gesti

La situazione, come dice Celentano, non è buona.

Siamo qui a lamentarci per tutte ciò che non ci piace e che vorremmo diverso.
Il sentimento comune però è di impotenza e di assefuazione, dettata forse dalla sensazione di solitudine, come naufraghi su un’isola deserta vorremmo trovare il nostro Venerdì che ci aiutasse a non essere sbranati dai cannibali.
L’assefuazione va combattuta momento per momento, va coltivata continuamente l’arte di indignarsi per ciò che non ci piace e quando è necessario occorre anche saper rimboccarsi le maniche.
Pochi giorni fa, non del tutto casualmente, ho ricevuto da Roberta delle foto. Raccontavano di un grande gesto di civiltà, di un esempio che stride con quella che sembrerebbe l’apatia comune.

Ciò che non ci piace va eliminato, senza deleghe. Cosi ha fatto Roberta. Per come la conosco la immagino con la sua biciclettina uscita da una lezione di diritto costituzionale camminare per le strade di Ballarò. E immagino la sua rabbia nel vedere una frase su un muro raccontare la sconfitta di uno Stato incapace di dare delle risposte. E semmai non si possa cancellare l’idea dalla testa di chi scrive una tale frase meglio non fare in modo che ciò diventi il pensiero di chi camminando per quella strada muova la testa annuendo.
E per questo che Roberta ha deciso di tornare li a cancellare quello scempio armata di pennello e vernice bianca di quel candore desiderato ma forse inesistente se non nelle miscele dei chimici.
Basta poco per colorare il mondo intorno a noi.