Potevo starne certo, la sala è quasi vuota, se non poche decine di posti, al primo giorno di proiezione di Boris. Qualche altro si siede fino agli ultimi istanti prima della proiezione, ma non supereremo la cinquantina. Del resto, aspettarsi di trovare la folla, sarebbe come ribaltare la tesi che sta alla base di tutta la serie, e del film stesso, quali che siano state le intenzioni degli autori. Come potrebbe mai una serie nata su una tv satellitare e girata tra impallinati attraverso gli infiniti canali della condivisione duepuntozero pretendere il pienone. Gli impallinati sono quelli che fanno più rumore, come gli attivisti della politica che poi alle urne contano quanto il due di picche, ma non muovono alcunché. Sono piccoli segni di vitalità, come lo è stata questa serie per intero, se non per qualche sbavatura sopra le righe nell’ultima serie ma se poi il pubblico decide di guardare “Natale con la Casta”, deve esserci un motivo.
Il racconto dell’Italia che siamo attraverso lo sguardo surreale (chissà quanto, poi) del set di una fiction italiana si è rivelato geniale, perché di lì in giù tutti gli aspetti della grettezza di questi anni sono venuti fuori. Senza risparmiare nessuno di noi, come non ha consentito vie d’uscita a nessuno dei personaggi che popolano le puntate, colpevoli, anche i più puri (vedi alla voce Renè, Alessandro e Arianna) di una connivenza con il peggio della nostra italianità, se non altro per puro spirito di sopravvivenza.
La serie non concede vie d’uscita dalla melma, se non quella, rappresentata dalla sua stessa esistenza, che così si concede lo status di ossimoro in fiction, dimostrando che quella stretta via esiste, al costo di una fatica doppia e di una strada tutta in salita.
Il film così non ha potuto deludere le mie aspettative di utente medio, poco interessato a fare tutto il giro dell’isolato per sembrare quello che va contro, così come sono sicuro lo sia stato per chiunque abbia potuto apprezzare tutti quei riferimenti che i non avvezzi alla serie non avranno potuto cogliere. Ed è questo l’unico limite riconosciuto al film, il bisogno di piacere ai suoi cultori, dimenticando per molti frangenti la necessità di piacere a tutti. Rimane, s’intende, lo spazio per la risata priva di citazioni, come mi è sembrato di capire dai commenti di quelli che non conoscevano la serie e che da venerdì scorso se la stanno spolpando puntata dopo puntata, ma rimane quella sensazione spiacevole, almeno per quanto mi riguarda, di compiacimento entusiasta per l’essere rimasto rimasto un prodotto per una nicchia, poco capace di trascinare a se quella parte una parte di pubblico che prodotti come questi li ignora.
In ogni caso, accettate il consiglio, guardatevi tutta la serie. Ne varrà la pena.
Un bel film: grande narrativa popolare