Correndo sulle Madonie

L’ultimo tratto degli Appennini, prima di inabissarsi nel mare a Marettimo, percorre la dorsale tirrenica della Sicilia, creando i Nebrodi ed infine le Madonie. Territori, fortunatamente, tra i meno frequentati dal turismo di massa, nei quali dal mare si risale velocemente verso costoni impervi.

Territori a volte dimenticati, spopolati, nei quali la fauna sta velocemente riprendendo ciò che probabilmente la mano dell’uomo aveva tolto. Nei quali le volpi raggiungono la porta di casa, e cinghiali si incontrano appena ci si muove su strade poco battute. 

Uscendo di casa per provare a correre è inevitabile prendere le strade che portano su strade in salita, abbandonando le litorenee troppo frequentate dalle macchine e da turisti in cerca della propria spiaggia libera preferita. I paesi sono tutti arroccati alle cime più alte che puoi scorgere nei dintorni, a dominare territori troppo vasti se non riesci a godere di una vista che dal mare possa raggiungere ogni valle che li circonda.

Ma le montagne più alte, le ho sempre guardate da lontano. Troppo alte, e disabitate. Nessun paese sulla loro sommità, si alzano alle spalle di Castelbuono e Geraci, ed i colori abbandonano il verde intenso per guadagnare quello delle pietre e della terra. Frequentate pochissimo anche dai madoniti, gente si di montagna ma che si muove su quel territorio più per bisogno che per diletto, e che di certo non perde tempo a camminare per strade poco battute nelle quali non si possa raccogliere del finocchietto selvatico o dei buoni funghi.

È il massiccio del Carbonara, non poco distanza da Pizzo Carbonara, la seconda montagna più alta di Sicilia, con i suoi 1979 metri, e quest’anno ho finalmente visto da vicino quel punto che era solo il confine del mio occhio di bambino, quando dalle case di campagna mi guardavo intorno cercando domande. Una guida, uno di quelli che corre sul serio e che definisce quelle strade il suo parco giochi personale, territorio dei suoi allenamenti, mi ha portato a fare un giro, partendo da San Guglielmo, su fino a Cozzo Luminario, poi ancora più in su, per poi tornare a valle da Piano Pomo con i suoi agrifogli giganti fino a Piano Sempria.

Incrociando sulla nostra strada un numero impressionante di cinghiali e daini, e persino uno appena nato. Con poiane e falchi ad accompagnare dall’alto la nostra corsa, mentre il nostro sguardo si spingeva dall’Etna al promontorio di Mongerbino, nei pressi di Palermo.

Una corsa, che ancora oggi, fatico a dimenticare.

Il link all’attività su Strava

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