Il viaggio verticale

Avrò visitato davvero abbastanza paesi, si chiede il viaggiatore competitivo e che, come in una giornata di lavoro, valuta le sue performance anche durante le vacanze.

Sui socialini vari é tutto un fiorire di classifiche dei posti da visitare nel 20xx, la lista di quelli che hai già visto, nei negozi di cianfrusaglie varie, di cartine geografiche dalle quali grattar via i luoghi già visti.

Il viaggio diventa quindi un’esperienza orizzontale, sulla quale surfare, in attesa della prossima onda. E non sto arrivando a dire che surfare sia brutto, anzi. Viaggiare per vedere, anche solo per qualche giorno, un luogo nuovo, soprattutto se molto diverso da ciò che conosci, é rigenerante, é utile, persino.

Ma se c’è una cosa che ho capito, é che non serve a niente accumulare. Il famelico desiderio di afferrare tutto, che ha sempre fatto parte di me, ha cominciato a lasciare spazio al desiderio di scendere in profondità. Se potessi viaggiare davvero, vorrei poter stare in un luogo almeno qualche mese, soltanto così potrei aver pensato di capire almeno qualcosa di quel luogo.

Ho bisogno di tempo, per assaporare qualcosa. Ed allora va bene, anche visitare ogni anno lo stesso luogo, ed ogni anno scoprire qualcosa che ancora non conoscevi, incontrare gli stessi volti e salutarti, saper qualcosa delle loro vite che vada oltre l’incontro fortuito per una settimana o per un’ora. Saper dove comprare il pane e dove il pesce. Nel quale aver il tempo per annoiarti e star anche fermo per un po’.

É così che il viaggio perfetto diventa quello verticale, in profondità. O almeno questo é ciò che penso.

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