La Lanterna

In una via del centro ho scoperto una trattoria. L’avevo vista, passando più volte in questi ultimi mesi per quel vicolo che dalla chiesa di San Siro porta verso via San Luca.
Le tovaglie a quadri colorate di rosso e bianco, tutta l’apparenza di una bettola ben frequentata, con quell’aria di compiaciuta autenticità che ogni tanto andiamo cercando, le bottiglie di vino rosso sui tavoli e qualche birra in lattina.
Un ragazzo cinese ci accoglie indicando ad un omone con la barba incolta e bianca ci accompagna ai tavoli, passando per un corridoio stretto e dal tetto basso che quasi tocca abbassare la testa in certi punti, tra gli scalini che portano alla cucina e poi alla stretta sala in cui potremo sederci.
Carte fotocopiate ed infilate in buste di plastica, di quelle con i buchi da infilare nei quadernoni, ma quanto meno sembra ricco.
Pesto alla genovese per tutti, con le trofie, naturalmente e poi per me porti delle sardine fritte, per gli altri della salsiccia e delle patate.
Stiamo tra il freddo del frigo alle mie spalle e il calore della cucina alla mia destra, mentre le pareti raccontano di farfalle che si trasformano in vele e di cigni in volo che fanno windsurf, mentre sopra la mia testa l’immancabile Faber, nella sua posa più conosciuta probabilmente cerca di ricordare se ci sia, da qualche parte, qualche sua foto in una posizione diversa.
Non verrebbe da fidarsi del posto, verrebbe da dire. Non certo un posto da turisti, si direbbe. Ed infatti al tavolo al fianco al nostro una famiglia, padre madre e due bambini, dalle cui bocche sembra uscire il suono ruvido del dialetto di Zena.
Sembra una garanzia, soltanto questo, confermata quando il vecchio con la maglietta a righe e i tatuaggi, di quelli oramai sbiaditi, ci porta i primi piatti, che vien da guardarsi negli occhi senza staccare la bocca dalla forchetta. Di quei pasti semplici, ben fatti, che viene difficile staccarsi senza farsi venire la voglia di ordinare quanto meno un’altra birra, soprattutto quando si sta così bene insieme.
Ma non c’è più tempo, sono già le tre e mezza, e tra poco meno di mezz’ora gioca l’Italia, e sono quasi certo che non potrà che vincere contro la Nuova Zelanda, per quanto male possa aver giocato qualche giorno fa.
Per cui alla cassa, dieci euro a testa dice il ragazzo cinese, e poi verso il porto. Dovrebbe esserci un maxischermo, da quelle parti.

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