Inghiottito dalla montagna

Uno degli aspetti più positivi del lavoro che mi ritrovo a fare è senz’altro la possibilità di visitare posti che altrimenti non avrei modo di conoscere, di vedere. E non parlo di Iran, del Delta del Niger, o dei venti giorni al largo dell’Egitto, ma anche di posti a pochi passi eppure inaccessibili. Perché spesso valvole, motori e pompe stanno dislocati in pochi ameni ed anche piuttosto tristi, mentre altre volte ti trovi ad andare a cercarle all’interno di una montagna.

Sulle Dolomiti, nei pressi di Peio, per dire, esiste una centrale idroelettrica costruita a duemila metri di altitudine, poco più di ottant’anni fa. Ti inerpichi per strade strettissime fino ad arrivare alle sue porte, e quando ti appresti ad entrare ti rendi conto di essere ancora a metà del percorso. Perché ti trovi davanti un trenino giallo, ed un tunnel. Da li il trenino infatti sale per seicento metri ancora in altitudine, su pendenze diverse, tanto che i seggiolini su cui mi siedo sono costruiti in maniera tale da basculare e tenerti in equilibrio. Il tunnel è  stretto giusto quanto basta per passarci dentro, scavato a mano, a colpi di picozze e dinamite, da uomini talpa, le cui giornate devono essere state lunghe a passare.

[il video, di un tratto di risalita Centrale di Malga Mare.mov]

 Il cane del custode si è accomodato nella cabina tra di noi, ed è il primo ad avvertirci di essere arrivati su un cima, alzandosi dal suo posto e aspettando l’apertura delle porte.  A duemila e seicento metri stanno gli operai, la centrale operativa, ed i tecnici a cui chiedo di poter guardare immediatamente la diga, e le Dolomiti.

Sto li soltanto per qualche minuto, e poi di nuovo dalla cabina al centro della montagna, dove ci fermiamo. Camminiamo in un tunnel nel quale passa una condotta dell’acqua che dalla diga viene spinta giù fino alle turbine, anch’essa della stessa epoca, sforzandomi di immaginare lo sforzo che debba essere stato trasportare e poi chiodare quelle tubazioni in quelle condizioni.

 Ci fermiamo li, dove tra stalattiti ed umidità ci troviamo a lavorare per qualche ora, illuminati e riscaldati giusto da qualche lampada alogena, cercando di far girare bit nel modo più corretto e discutendo del sudore e della fatiche che quelle rocce devono aver assorbito, qualche tempo fa.

Le turbine, a fondo valle

 

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