La via del pop

E’ periodico. Mi succede ogni volta ed ogni volta ricado nello stesso tic. Non credo neanche me ne possa fare troppe colpe, ma è un mondo troppo piccolo quello che mi gira intorno. Quello che riesco a frequentare abitualmente è fatto di opinioni non troppo dissimili, non troppo lontane da ciò che riesca a tollerare. E sarebbe anche un bel vivere, costruirsi intorno un mondo a propria immagine, un rifugio sempre sicuro, se non fosse per quell’occhio bendato che non mi fa vedere cosa avviene nell’angolo, sulla destra, fuori dalla mia visuale. Facessi almeno il professore di educazione tecnica o lavorassi in un bar, probabilmente avrei un’idea più completa di ciò che gira in testa alla gente, ma mi sono scelto di perdere le mie otto ore lavorative in un ambiente un tantino più ristretto. E nemmeno questa immensa socialità a portata di click mi sembra aiuti più di tanto, visto che finisco sempre per raccogliere impressioni che danno validità alle mie idee. Parlo con chi legge quello che leggo io, guarda ciò che guardo io, e costruisco tassello su tassello un micromondo che si chiude a riccio intorno a me. Sono le occasioni di contaminazione quelle rare. Molto più facile inciampare in queste quando mi muovo, specie da nord a sud, o viceversa, quando mi metto in viaggio verso posti in cui le voci non sono più sussurrate, dove è più facile entrare in contatto con discussioni afferrate casualmente, avendo l’occasione di controbattere, se è necessario, ma quanto meno riuscendo ad uscire da quei serbatoi stagni dai quali diventa difficile comprendere persino l’opinione del nostro vicino di casa. Ma è un’impressione che si eleva ad ogni livello. C’è un mondo che produce soltanto per se stesso, che parla con autoreferenzialità, un mondo fatto di televisione, cinema, editorialisti, che non si sforza in alcun modo di comunicare con il resto. Si compiace di se stesso, guardando anzi con fastidio a ciò che avviene fuori da quel giro. Ed è un reciproco guardarsi in cagnesco. Da un lato accuse di populismo, per la facilità con cui certe opinioni semplici, poco articolate e di impatto immediato, prendano piede. E dall’altra accuse di “fighettismo”, di chiusura in un circolo incapace di creare un linguaggio comprensibile anche a chi non ha né il tempo né gli strumenti per afferrare tutto ciò che cambia, cambiando le scalette delle notizie nei tg, mese dopo mese, giorno dopo giorno. E a meno di essere dei completi impallinati, come non dare torto a quest’atteggiamento.
Non è che esistano molte strade per uscire fuori da questo dualismo, però cercare delle vie trasversali, dovrebbe essere una priorità. Ed è per questo che ogni volta che qualcuno ci prova, meriterebbe applausi.

3 commenti su “La via del pop”

  1. che poi…l’intelligenza sociale si allena o l’imprinting caratteriale è sostanziale e predominante? buon Natale mao.

  2. Vorrei scrivere un commento ma cadrei nell’ovvietà del tuo discorso: parlo con chi condivide le mie idee. Dovrei fuggire da qui ma non è semplice.
    Ciao,
    Emanuele

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