La senti questa voce?

No, non ce la faccio quest’anno a guardare Sanremo, è una questione di pelle. Le paiette della conduttrice mi ricordano da vicino quelle di un cioccolattino che vorrei evitare per tenere a bada le calorie, e queste scenografie, poi, mi ricordano uno show da regime post-comunista, da eurofestival, da sbornia del kitsch.
Mi sono concesso soltanto il buon cocktail di Dita, per comprendere dove possa arrivar l’ipocrisia di questo paese che si mostra moralista a corrente alternata.
Per cui no. Preferisco recuperare per il momento vecchie registrazioni nel gran bazar della memoria, complice chi certi frammenti li riporta sulla superficie.
E nonostante la prima reazione a quel ritornello cosi vicino ad un coro da stadio mi portasse ad un sorriso fin troppo evidente, riscopro che nella versione originale c’era solo una delicatezza, nascosta dietro la timidezza di quegli arpeggi e di quel ciuffo cosi ostentato.

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