Di maschere e domande

Una volta era l’abitudine, passare almeno una sera alla settimana standosene li, mettere su un dvd e dedicare una serata ai film che avremmo voluto vedere. Passavamo mezz’ore intere davanti al distributore prima di trovare il film che potesse piacere ad entrambi, anche se i nostri sono gusti facilmente conciliabili.
La scorsa settimana una serata è tornata ad avere lo stesso sapore, sul divano su cui adesso sono seduto. Ultimamente la nostra predilezione è sui film di Woody Allen. Dobbiamo colmare le nostre lacune, anche perchè credo di essermene innamorato troppo tardi.
E lo considero davvero un bene.
Stanno li in stand by per parecchio tempo, in attesa del momento giusto. Qualcuno mi delude, altri li considero capolavori. Si le battute le capisco almeno cinque secondi dopo. Ma non è quello. E’ la sua capacità di costruire quei personaggi fragili, in mezzo a storie cosi reali, come se davvero conoscesse l’animo umano e sapesse portarlo sullo schermo come nessun’altro.
Come questa volta con Un’altra donna.

In cui si muove una donna di mezz’età, sicura di se stessa, con una buona carriera in corso come preside di un università, e a cui d’un tratto la terra sembra franargli sotto i piedi.

Le sicurezze dentro le quali si sincerava erano soltanto una buona facciata ed una buona risposta alle sue paure, ai sui bisogni irrisolti, alle sue manchevolezze su cui era inutile tornare. Avrebbero aperto altrimenti una voragine.
Queste però affiorano pian piano, quasi per caso, quando nell’appartamento che ha affittato per scrivere il suo libro, la voce di una giovane donna arriva alle sue orecchie tramite le condotte dell’aria. Una voce che racconta le paure, le fragilità di questa donna raccontate al suo psichiatra.

Da li la ruota comincia a rotolare più velocemente e cominciano a riaffiorare i dubbi su ciò che era la sua vita. Comincia a porsi le domande che erano state li per troppo tempo.
Come in una famosa pagina di Baricco, quel quadro che era stato al muro per molto tempo, tutt’ad un tratto, cade giù.

A chi non capita d’incontrare persone cosi. Uomini e donne desiderose di dare un’immagine di se risoluta e sicura.
In realtà non le ho mai prese troppo sul serio. Maschere.
Però mi sembra di capire che più si cresca e più sia difficile affrontare, parlare, dei nodi irrisolti di ognuno di noi. Quelli che erano solo dei piccoli nodi e che sono diventate catene a cui si può rimanere ancorati per sempre.
Non se ne parla affatto per non far affiorare alcun abisso.
Forse è una buona tattica, ma poi mi sa che torna tutto a galla.
Ecco, questi fotogrammi sono capaci di aprire voragini in chi non vuol farsi troppe domande.
Proprio ciò che mi sono riproposto di non fare più dopo una discussione tra amici qualche settimana fa. Non era mio compito fare le domande, se nessuno vuol sentirsele porre. Semmai ascoltarle, ma mai porle.

4 commenti su “Di maschere e domande”

  1. Non è tanto il voler dare un immagine sicura di se… quanto il non voler ammettere tutto il resto con se stessi.
    Prima o poi però, ciò che si lascia per strada, lo si incontra nuovamente… e 2 conti bisognerà pur farglieli!
    Ciao,
    Emanuele
    PS: (ri)tentar non nuoce [se ci tieni! ;)].

  2. Un pò è per non ammetterli, però è anche vero che c'è chi tende a voler apparire imperturbabile, sicuro, anche se si sa che è solo un atteggiamento di facciata.

  3. Sbagliatissimo!
    Non si ottiene nulla… se non bisticciarci inutilmente.

    Se una persona ottusamente non vuole saperne di affrontare i propri problemi, non lo farà mica digliendoli che dovrebbe farlo. Chissà, forse proprio perché pensa di non averne non si pone il problema.

  4. La penso come te caro Maurizio. Credo che insistere con certe persone non serva. Le mie domande me le tengo per me e per chi ha l'apertura per parlarne.

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